Proprio oggi leggevo un articolo pubblicato dall’Espresso dal - TopicsExpress



          

Proprio oggi leggevo un articolo pubblicato dall’Espresso dal titolo “Lo Stato incoraggia la violenza“. L’articolo riporta le dichiarazioni Angela Romanin, formatrice e vice direttrice della Casa delle Donne di Bologna, che afferma: “c’è un punto nodale ed importantissimo in questo vortice di violenze e silenzio ed è quello che riguarda la responsabilità: le donne, in Italia, diventano colpevoli delle violenze che subiscono. «E’ un atteggiamento molto comune», conferma Romanin. «Se si continua a colpevolizzare la vittima, le donne non chiederanno mai più aiuto: l’Istat dice che il 30% di coloro che subiscono violenze fisiche o sessuali non ne parla con nessuno. E’ un dato allarmante, ancora di più se considerato nell’ottica che, una volta uscita dal silenzio e trovate le forze di denunciare, la donna si sente dire che è colpa sua. E’ un tentativo preciso, questo, di responsabilizzare la vittima invece che l’autore». Un’idea assolutamente individualistica di società, in cui viene meno il senso di responsabilità comune per farne emergere quella, tutta personale, di trovarsi in una condizione dolorosa a causa propria: «dobbiamo convincerci che le donne non possono fare niente affinché cessi la violenza del partner, possono solo proteggersi ma non è che sta a loro fare in modo che il compagno smetta di picchiarle. Ognuno ha la responsabilità di se stesso», chiarisce Romanin. «Da noi arrivano donne che si sentono in colpa per le botte che hanno preso perché il meccanismo della vittimizzazione è quello che sottiene al pensiero: “sei una cattiva madre/moglie/amante, non sei brava a letto, sei una puttana, mi provochi, mi fai ingelosire, dai più credito ai tuoi genitori che a me, mi umili, guadagni tanto/poco” e via dicendo». Uno schema perfettamente integrato in una società con un fortissimo retaggio cattolico e in cui l’impostazione patriarcale della famiglia vede la donna come unica responsabile dei fallimenti non solo suoi ma anche dei figli, dell’unione marito-moglie e di tutto quanto graviti nella sfera familiare. Della colpevolizzazione della vittima ho già ampiamente parlato: spostare la responsabilità di un evento su chi ne ha subito le conseguenze è un modo per sentirsi al sicuro; se mi convinco che una persona ha subito una violenza perché ha commesso degli errori, mi sto raccontando che, finché non commetterò quegli stessi errori, a me non potrà capitare nulla di male. Purtroppo, come giustamente ha sottolineato Angela Romanin, nessuno di noi ha un effettivo potere sulle decisioni degli altri. Perché quella di agire con violenza è una decisione che prende il violento, non la vittima. Parlare di comportamenti devianti, di soggetti disturbati, è ugualmente rassicurante, perché ci esonera dall’affrontare il problema dei fattori ambientali, ci permette di ignorare quel contesto che ha contribuito a determinare il comportamento violento. Il contesto della violenza contro le donne è quella società patriarcale contro la quale punta il dito Angela Romanin quando parla della donna come unica responsabile dei fallimenti non solo suoi ma anche dei figli, dell’unione marito-moglie e di tutto quanto graviti nella sfera familiare. Ma facciamo un esempio: L’altro giorno è morta Ilaria Pagliaruolo, uccisa dal suo fidanzato. Ecco come viene descritto da Oggi Notizie l’accaduto: Ilaria è morta per mano del fidanzato (che quindi è l’esecutore materiale del delitto), ma il vero colpevole – il mandante – è un altro: l’amore criminale. Grazie a questo stratagemma linguistico il soggetto attivo, colui che ha ucciso, scompare come agente per rimanere sullo sfondo come mero strumento, mentre sulla scena abbiamo due personaggi: la vittima e il perfido amore criminale. La morte di Ilaria non è stato un crimine, ma un destino. Il significato di destino, da dizionario: necessità che sembra determinare gli eventi e che appare esterna e superiore alla volontà dell’uomo. Nella morte di Ilaria, quindi, la “volontà dell’uomo” non svolge alcun ruolo, perché sovrastata dal destino. A partire dal momento in cui Ilaria ha incontrato l’amore criminale (sbagliato e distruttivo fin dal primo giorno) gli eventi si sono succeduti secondo il disegno del Fato, un disegno al quale né lei né lo strumento del destino (la mano del fidanzato) potevano sottrarsi. Perché è questo che fa il destino: ci imprigiona nelle sue maglie e non abbiamo la possibilità di scampare a quello che ha deciso per noi. C’è il dettaglio non trascurabile dell’amore sbagliato e distruttivo fin dal primo giorno, però. Come sia possibile che il giornalista fosse con Ilaria e Cosimo quel primo giorno, il giorno in cui Cupido ha scagliato la sua mefitica freccia, è un vero mistero, ma una cosa è certa: in quel particolare giorno Ilaria aveva la possibilità di scansarsi, di riconoscere in Cosimo i segni di ciò che sarebbe avvenuto. Era chiaro, quel primo giorno, che Cosimo sarebbe arrivato a spararle e poi spararle ancora. Era chiaro per chi scrive che quell’amore era sbagliato e distruttivo. Per Ilaria?
Posted on: Thu, 26 Sep 2013 17:49:34 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015