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Un mio contatto oggi ha postato questo link e lo prendo come spunto, poteva essere qualsiasi altro scritto: fiammanirenstein/articoli.asp?Categoria=3&Id=3311 A me le vignette di Vauro non hanno mai fatto ridere, quindi non riesco a trovare nulla di divertente nemmeno in questa né a comprendere dove sia il tentativo di trovarci qualcosa da ridere. D’altra parte io non penso mai ai miei amici, ai miei colleghi, agli autori che leggo o ai personaggi pubblici come ebrei. Di solito scopro che lo sono solo quando ne parlano pubblicamente, magari dopo anni che li conosco, pur di fronte a cognomi inequivocabili. Forse da qui parte una delle maggiori incomprensioni che mi sembra di rintracciare nella mia esperienza: se io dico stronzo al mio amico Yuri o al mio amico Giovanni, io sto dicendo stronzo proprio a lui come persona, non mi passa nemmeno per lanticamera del cervello di dire stronzo ad un ebreo in quanto ebreo. Se un ebreo viene ucciso o malmenato, a meno che non sia evidentemente unaggressione antisemita, io tendo a pensare alla vittima come essere umano, non come un essere umano caratterizzato da una religione. Non sto dando un colpo di spugna alle persecuzioni e alle avversioni antisemite, sto dicendo che questo sentirsi tutti uniti anche quando, da fuori, questa unione non sembra avere alcun appiglio, è incomprensibile e va molto oltre le parole siamo tutti fratelli di tante altre religioni o gruppi. Saranno anche tutti fratelli, ma io rintraccio ben pochi punti in comune tra un cristiano di Avezzano e uno del Nevada o Egiziano e, oltre alle parole, anche loro non sembrano provare quella profonda comunanza e senso di appartenenza che invece trasuda in maniera forte, quasi ossessiva, quando gli ebrei si esprimono su se stessi. Io sono ignorante, ma questo mi sembra un unicum nel panorama mondiale. Forse sto dicendo una sciocchezza, ma io ho l’impressione che ognuno di noi si senta molto più legato al posto in cui per lo più è vissuto (e sono rari i veri cittadini del mondo) che alla propria religione o appartenenza etnica. La cosa più simile è quella dei neri, guarda caso anche loro con una storia di persecuzioni e quindi forse è questo, ma è chiaramente una sovrastruttura, qualcosa che si crea artificialmente a suon di continui richiami e dichiarazioni, giacché se non ci fosse la persecuzione a ricordare ogni volta cosa unisce, mi sembra non ci sarebbe spontaneamente quel senso di identità comune. Questa cosa mi sorprende e mi mette a disagio, e naturalmente mi irrita tutte le volte che un’azione e parola contro una determinata persona, un determinato governo o un determinato fatto viene tacciata come antisemitismo. Insomma, se dico che non approvo una certa politica della Merkel, non devo giustificarmi e specificare che non ce l’ho con i tedeschi perché hanno ospitato il nazismo: ce l’ho con quella cazzo politica della Merkel! Allo stesso modo, se dico che l’operazione Collera di Dio è aberrante perché è stata una serie di omicidi di stato, non sto dicendo che sia l’unica al mondo né sto condannando in toto tutto lo stato di Israele. Tantomeno mi sto augurando che affondi e venga raso al suolo, o sparisca. Non sto accusando tutti gli ebrei (tanto più perché per me, guarda un po’, non descrivono la totalità degli israeliani) di non so quale nefandezza. Allo stesso modo, se faccio un commento contro una persona nera, per me il fatto che la persona sia di quel colore conta molto poco. Non affermo che sia sempre e comunque così, naturalmente. Non ho niente a che spartire con gli antisemiti e non voglio né negarli, né penso che tocchi a me parlarne. Però ci siamo anche noialtri. Non sarò l’unica a pensarla così, no? Io credo che noialtri siamo la maggioranza, che forse è quella che conta davvero in questi discorsi, no? Per limitarmi alla città dove vivo, io posso dire che c’è un certo grado di violenza, forse non come in Brasile, ma comunque inaccettabile. Me lo dicono i morti ammazzati, le risse, i feriti, gli attacchi verbali, la pericolosità di alcuni quartieri. Eppure non mi sento di dire che ci sia violenza antisemita se per andare a trovare un episodio di omicidio bisogna tornare oltre 30 anni indietro. Statisticamente mi pare del tutto irrilevante. Ma, mi chiedo, posso dire che l’omicidio del piccolo Taché è statisticamente irrilevante senza essere tacciata di antisemitismo o di nagazionismo? A volte ho la sgradevole sensazione che no, non posso dirlo. Non senza essere giudicata come qualcuno che non sono. Rispetto ai neri, poi, e non mi sembra irrilevante, gli ebrei sono ottimamente rappresentati tra i ricchi e i potenti, i quali sono a loro volta ben disseminati geograficamente nel mondo. Personalmente, ma è una riflessione che non avevo mai fatto fino a tarda età, tutti i milionari (e anche un paio di miliardari) che ho conosciuto erano ebrei. Non ci avevo pensato per tanto tempo e mai a lungo, per dire, ma comunque penso sia anche questa la ragione per cui spesso gli ebrei trovano meno solidarietà rispetto ad altri gruppi che vengono discriminati. Non tutti, ovviamente, hanno avuto la possibilità di raggiungere una vita piena di cultura, di lavoro amato, di benessere, ma se tanti ce l’hanno fatta, forse si fa fatica a rintracciare, oggi, gli ostacoli che spesso vengono rappresentati e quindi si fa fatica a solidarizzare. Si dice spesso ‘bisogna isolare i violenti e i criminali’. Lo si dice durante le manifestazioni, durante gli eventi sportivi, nei dibattiti sulla criminalità organizzata. Mi sembra logico: se la maggioranza delle persone va in una direzione accettabile, prendere le distanze, ignorare le frange estreme, delimitarne il loro ambito, significa dar loro meno importanza, meno peso, meno influenza. Ecco, a volte mi sembra che gli Ebrei facciano esattamente il contrario: invece di circoscrivere e isolare gli antisemiti, invece di ricacciarli nel loro essere minoranza poco evoluta e schiava di retaggi storici da superare, facciano ogni utile sforzo per fare il contrario. Per spingere dentro quella minoranza ogni azione contro una specifica persona o fatto della maggioranza. In tal modo, secondo me, ottengono due effetti negativi: il primo è quello di aumentare la forza e la visibilità dei veri antisemiti (diventano tanti e appartenenti ai più svariati paesi e condizioni sociali, economiche e culturali), la seconda è quella di irritare profondamente chi si vede messo dentro un gruppo a cui non appartiene, spesso, ironicamente, perché è troppo ignorante per capire bene di cosa si tratti e per evitare alcune sciocchezze dovute ad un retaggio culturale di cui sono portatori ignoranti, ma sani. Quella che ho indicato come irritazione, poi, porta a volte ad un’avversione che sembrerebbe più indotta che nativa. Va da sé che a volte la cosa travalica, succede lo stesso in molte altre occasioni, tutte le volte che qualcuno esagera, ma, di nuovo, quelle azioni non sono native. Ad esempio, se la comunità gay esprime le proprie istanze in maniera fastidiosa per la maggioranza delle persone (parlo di quelle non ‘nativamente’ omofobe) questo porta commenti stizziti o ostili tout-court. Succede a tutti i gruppi e le comunità di esprimersi a volte con toni o gesti che disturbano alcune persone, non è niente di cui scandalizzarsi. Ebbene, le reazioni a queste manifestazioni vanno però circoscritte da entrambe le parti: chi si sente irritato non deve pensare di avercela di colpo contro i gay o contro chi protesta per il diritto alla casa, naturalmente. Allo stesso modo i gay o chi manifesta per il diritto alla casa non deve pensare che chi non ha approvato quella loro azione e quel loro gesto ce l’abbia con loro in quanto gay o homeless. Questo genera un circolo vizioso che non fa che alimentare il problema, anche lì dove, ed è il mio caso, il problema non esisterebbe alla radice perché, che vi piaccia o no, cari ebrei, io nemmeno vi vedo come qualcosa di unico e inseparabile. Mi dispiace se questo offende uno dei sentimenti più forti del vostro essere, ma non credo che i sentimenti e il senso di appartenenza possano e debbano essere intaccati da cosa ne pensa qualcuno che è all’esterno di questo sentire. Penserei lo stesso di qualunque gruppo di persone tanto eterogeneo che afferma di essere invece una cosa unica. Ma non ne ho visti altri, non così eterogenei e così forti e diffusi. Qualunque gruppo sovranazionale (sia religioso, politico o culturale) ha sempre avuto ai miei occhi un senso di appartenenza molto più attenuato rispetto al vostro. Ma questo per voi non dovrebbe avere la minima importanza, a parte non volermi bene perché non vedo una cosa fondamentale per voi, ma che posso farci? Perché dovrei approfondire aspetti religiosi e culturali se non sento il bisogno di farlo? Ci sono tanti aspetti della vita culturale del globo che non ho mai approfondito quanto sarebbe teoricamente buono e giusto, ce ne sono tanti di cui addirittura ignoro l’esistenza. Non posso sentire un senso di carenza superiore per la cultura e la religione ebraica. Perché dovrei? La cosa che dovrebbe avere importanza per voi, io credo, è che questo modo di vedere crea le premesse per l’impossibilità da parte mia di essere antisemita. Se non vedo il gruppo in quanto tale, non riuscirei nemmeno a concepire l’idea di avercela con quel gruppo in quanto tale. Possibile che io sia la sola a pensarla così quando invece ho l’impressione che sia invece la stragrande maggioranza a pensarla così e quindi a non essere antisemita, né ad essere indifferente rispetto al problema, né ad appoggiare gli antisemiti in nessun modo?
Posted on: Fri, 01 Nov 2013 11:07:46 +0000

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