WILLIAM FRIEDKIN: LO SGUARDO SUL MALE di Adriano De Carlo E’ - TopicsExpress



          

WILLIAM FRIEDKIN: LO SGUARDO SUL MALE di Adriano De Carlo E’ uscito in Italia l’atteso libro di William Friedkin “Il buio e la luce”. In realtà il titolo originale, senza metafore posticce, è “The Friedkin Connection”. Di libri sul cinema ne abbiamo letti a dozzine, biografie agiografiche, visioni critiche dell’opera di questo o quel filmaker, con interpretazioni ardite e illazioni di ogni genere. Interpretazioni dell’opera di cineasti, infarcite dei deliri della “Nouvelle critique” la cui arroganza intellettuale sta ammorbando il cinema in generale a causa di una visione politica coatta. Per nostra fortuna Friedkin il libro se l’è scritto da solo, raccontando i suoi primi cinquant’anni da regista, con inesorabile sincerità. Oltre 500 pagine travolgenti, illuminanti nella loro semplicità espositiva, al solo scopo di raccontare senza sovrapposizioni critiche quello che è davvero il senso del cinema:vale a dire un mistero irrisolto Friedkin non nasconde nulla dei suoi film, ne si priva del sottile piacere di flagellarsi, ma lo fa con subdola onestà. Un doveroso atto di resipiscenza di uno dei più diabolici autori di cinema. Un autore che ha conosciuto ogni dislivello professionale: dagli oscar ai flop, con un ostinato cinismo ed una capacità maniacale nel confezionare film “maledetti”. Mai geloso dei suoi colleghi, al punto di voler realizzare ad ogni costo il remake di un film già perfetto come “Vite vendute”, solo per rendere omaggio a George Clouzot. Difficilmente un maestro ammira un altro maestro, ma il folle Friedkin se ne infischia dei luoghi comuni. E “Il salario della paura” sarà un flop clamoroso. Tuttavia, con il solito tardivo revisionismo il film viene restaurato e rilanciato nel mercato home video. “Il braccio violento della legge” e “L’esorcista”, successi monumentali, non impediscono a Friedkin di conoscere la sconfitta:troppo efferati i suoi film, troppo sfrontato il suo carattere. Risorge con “Vivere e morire a Los Angeles”, un poliziesco che non ha eguali, personaggi dal destino segnato in una L.A. dai colori accesi. Il ritmo impetuoso ha il suo apice in un inseguimento automobilistico, suo marchio di fabbrica, come non si era mai visto. Con il recente “Killer Joe” mostra ancora la sua inaffondabile spietatezza. Friedkin non esita a mostrare personaggi sommamente sgradevoli facendoli interpretare a divi incontaminati come Matthew McConaughey, che ne seguono gli estri con sorprendente bravura. Del suo privato Friedkin parla poco o affatto, si immerge nelle vicende che hanno condotto alla realizzazione dei suoi film, segnalando personaggi di ogni genere: assassini, gangster, produttori cinici, attori in crisi d’identità e mille altri a comporre un mosaico entusiasmante capace di coinvolgere anche chi sa ben poco di cinema o addirittura non lo ama. Il male che Friedkin ci mostra è la reiterazione della favola di cappuccetto rosso. E’ una questione terapeutica, se lo mostri, il male, lo hai già in parte sconfitto. A 77 anni Friedkin seguita a stupirci. La sua mente diabolica sta di certo progettando altri racconti disturbanti.
Posted on: Wed, 20 Nov 2013 08:26:28 +0000

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