MORTI MACROLOTTO: GRAMOLATI (CGIL), IN QUELLE FABBRICHE NON SI - TopicsExpress



          

MORTI MACROLOTTO: GRAMOLATI (CGIL), IN QUELLE FABBRICHE NON SI ENTRA, CHI SI AVVICINA ALLE NOSTRE SEDI È LICENZIATO E DIVENTA CLANDESTINO Sono sette lavoratori morti, una cosa indegna per un paese civile. Quello che è successo ci parla di uno sfruttamento che dobbiamo andare a cercare nel secolo scorso e ciò vuol dire che siamo andati indietro, non siamo andati in avanti. Così Alessio Gramolati, segretario generale della Cgil Toscana, intervistato da RadioArticolo1 durante lapprofondimento quotidiano di Italia Parla allindomani della tragedia in cui sono morte sette persone nella fabbrica dormitorio di Prato. Questa non è una vicenda razziale - sottolinea il dirigente sindacale - è una vicenda di sfruttamento, una vicenda sociale drammatica che va affrontata. Non si può dire semplicemente: sono cinesi. Loro sono in Italia e quindi la sovranità di questo Stato dovrebbe essere difesa. Si dovrebbe parlare con le autorità cinesi e dirgli: signori, voi dovete rimpatriare quelli che hanno una condizione di illegalità; oppure costruire insieme le condizioni affinché possano lavorare in maniera trasparente. Lattività produttiva dei cinesi a Prato vale il 40% della manifattura di quella città. Per dare un ordine di grandezza, nel 2001 le imprese venute dallEst nel settore dellabbigliamento erano 1.500, adesso sono tre volte tanto. E crescono non solo nel tessile, ma anche nellimport export e in generale nel commercio. È in questo quadro, spiega il sindacalita, che si sono sedimentati sistemi di illegalità diffusa per fare soldi che vanno in mano a pochi, mentre a pagare sono in molti. Prima di tutto paga Prato, che ha un talento straordinario nel produrre e ormai unimmagine pessima nel circuito internazionale. Il made in Prato, oggi, non è più un argomento forte per chi fa oggetti di una certa qualità, è stato inquinato. Il sindacalista avanza poi alcune proposte: contrastare il sommerso; favorire le denuce degli sfruttati; controllare il sistema degli affiti per quei capannoni, intensificare i controlli delle autorità. I cinesi che lavorano in queste aziende, quelli regolari, sono assunti a tempo indeterminato, spiega. Con una caratteristica però: sono tutti a part-time. Nelle ore eccedenti si lavora al nero. In altre parole, si dà una busta paga regolare, ma la quantità di lavoro che esce dal controllo fiscale, sociale, ambientale è enorme: tre volte quello nominalmente asserito. Se ci fosse una certificazione di filiera, il committente saprebbe che al corrispondere di un dato numero di pezzi corrisponde e deve corrispondere un lavoro congruo. La seconda cosa su cui spingere è fare emergere le denunce: Dal 2012 a questanno sono state fatte solo due vertenze, solo due denunce da parte di cittadini cinesi. Naturalmente abbiamo vinto. Ma quei lavoratori sono dovuti reimpatriare perché licenziati, perché quello è un racket vero. In questo tema rientra la Bossi-Fini: Chi denuncia perde il lavoro, dopo sei mesi diventa clandestino e le strade sono due: o rientra nellillegalità in modo ancora peggiore, oppure è costretto a reimpatriare. Il terzo problema è quello degli affitti di queste 4.800 imprese: Siccome sono nomadi, cioè non acquistate dai cinesi, limmobile è spesso in affitto. Bisogna costruire un circuito delle responsabilità nei confronti di chi affitta. Se si affitta per produrre, non si può affittare per dimorare, per dormire, per vivere, non si possono tenere i bambini nelle fabbriche. Infine cè un ambito che riguarda la repressione. È evidente che dietro a fenomeni di questa natura cè unorganizzazione capillare, unorganizzazione militare di criminalità che si occupa dei flussi, dellarrivo delle persone e del loro inserimento in questo tipo di circuito, e che ha bisogno di una azione di contrasto. Sapete quanti sono gli ispettori dellInail a Prato su 90.000 addetti? Uno. Alle critiche rivolte alla Cgil in questi giorni, Gramolati replica così: Ci siamo trovati oggetto di una polemica nel momento in cui la Cgil, diversi anni fa, lanciò la propria campagna per denunciare il lavoro minorile in Toscana. Attorno a quella inchiesta, che già allora testimoniava un fenomeno che è andato progressivamente crescendo, si sprecarono soliti allarmismi. Penso oggi ci siano responsabilità - aggiunge - di fronte a una sconfitta di tutti e quindi anche nostra. Siamo battuti per responsabilità di fronte a una sconfitta di tutti, però non tutti sono uguali. Allora, fermo restando che il passato ci consegna responsabilità diverse, vediamo come si può affrontare il futuro. Cè una serie di cose che si possono fare. La prima è rompere il sistema di interessi dietro a questa illegalità, gli interessi di coloro che commissionano il lavoro ai cinesi senza preoccuparsi di come si lavora. Ricordo che lEuropa ha conquistato, grazie tra laltro a un toscano, una certificazione importante sui prodotti chimici, si chiama Reach e ci dà conto che cosa cè dentro i prodotti. Quel che preoccupa - aggiunge - è che dietro questa a polemica astrusa non si vuole affrontare il nodo vero, cioè perché se noi sbagliamo interlocutore alla fine il risultato è che non vogliamo risolvere il problema perché cè a chi ha interesse che le cose rimangano così. Invece dovremmo fare lesatto opposto, imparare la lezione e cambiare le cose, ma cambiarle davvero. Il problema sul sindacato è quanto di più bizzarro possa esistere: ci domandano a noi perché non facciamo? Perché non ci fanno entrare. Là non entra neppure la Guardia di finanza. Se noi potessimo entrare - aggiunge - saremmo i primi a denunciare. Il punto è che lì non possiamo esserci perché cè una condizione di ricatto e sfruttamento tale da impedirci di entrare. Se una persona che lavora là viene vista avvicinarsi alle nostre sedi, quella persona scompare, magari rientra in patria, oppure viene dirottata su altre città. Non oso pensare al peggio, però questa è la condizione. Da rassegna.it,
Posted on: Wed, 04 Dec 2013 15:39:29 +0000

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